Origini e storia del dialetto villorbese
Il dialetto villorbese, come tutti i dialetti d’Italia, deriva direttamente dalla lingua latina, proprio come l’italiano, il francese e le altre lingue romanze. Il nostro dialetto si è lentamente differenziato dal latino a causa dell’influenza della lingua parlata dalle popolazioni originarie delle nostre zone al tempo della caduta dell’Impero Romano, il venetico. Esso nasce, quindi, come un latino “storpiato” dai Veneti antichi; un po’ come accade ai giorni nostri per l’inglese parlato in modo imperfetto dagli italiani, che tendono per esempio a produrre i suoni con l’accento italiano.
Secondo la classificazione dei dialetti del Veneto, il villorbese fa parte del gruppo nordorientale, che comprende il trevigiano, il feltrino e il bellunese. Bisogna però tener presente che esso sta diventando sempre più simile alle parlate di Padova, Venezia e Treviso, staccandosi sempre più dal gruppo feltrino-bellunese, che invece, essendo parlato in zone più isolate geograficamente (quindi essendo più protetto da influenze di altre zone), ha conservato caratteristiche più antiche. A onor del vero, la varietà veneziana iniziò ad influenzare le altre parlate già a partire dal XV secolo, con la conquista della Terraferma, rimanendo fino ai giorni nostri il modello dialettale di prestigio, chiamato koinè dagli studiosi.
Nel caso del villorbese si notano sia elementi di koinè che non compaiono nei dialetti feltrini e bellunesi, come l evanescente (cioè il suono che si trova in parole come cavało, ‘cavallo’, e stéa, ‘stella’) e uscite del tipo -emo e -imo per la prima persona plurale dell’indicativo presente (come in magnemo, dormimo); sia caratteri tipici anche del feltrino rustico parlato oggigiorno, come i participi passati in -ésto (per esempio in savésto, invece che savùo, ‘saputo’), giudicati come rozzi da alcuni degli stessi parlanti.
Ciò significa che il dialetto villorbese è destinato a mutare non solo per l’influenza dell’italiano, ma anche perché accoglie sempre più caratteristiche del veneziano, perdendo la specificità locale. D’altronde le cose, e quindi le parole che si usano per indicarle, sono realtà così legate all’uomo da variare ed evolversi con lui nel tempo.